sabato 19 gennaio 2008

Il dettaglio nella nostra faccia

La cosa più spaventosa è vedere le nostre facce, osservare la ripetitiva inutilità dei nostri gesti. Constatare che noi, singoli uomini, comuni cittadini, non abbiamo più alcun potere sulla nostra civiltà. Non ne decidiamo alcuna sorte. Viviamo in una sovrastruttura alla quale abbiamo delegato tutte le nostre facoltà di decisione e di intervento. Siamo letteralmente impegnati a mandare avanti una baracca che nessuno di noi ha scelto. Non ne ha scelto i dettagli. Eppure noi viviamo proprio di dettagli. Le nostre vite non sono sostanza, viaggio, ma una catena di adattamenti continui a ciò che “bisogna” fare. Un’esistenza robotica, che non lascia tempo per la felicità. Che oscura la voglia di pensare e fiacca lentamente i corpi. Una inesorabile perdita di se stessi. Non importa quello che facciamo, se siamo disoccupati, benzinai, professori o medici: l’architettura del nostro vivere se ne frega di cosa facciamo “per” vivere…

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